biografia

Thomas Heller Portrait

Thomas Heller (Pirmasens, Germania, 1961) scopre in Spagna l'amore per la pittura e la scultura. Dalla Figurazione (principalmente nudi e ritratti) passa all'Astrattismo ("Il Quadro Blu") per poi approdare con schizzi e disegni a un mix di forme, simboli e colori che tuttavia coinvolgono elementi concreti e figurativi ("Occhio in Occhio, Mano in Mano", "Shoes for Ever").

"Dipingi quello che vedi"
(liberamente adattato da Oskar Kokoschka)

Un’intervista con Thomas Heller

  1. Quale forza interiore ti spinge a dipingere?

    Il bisogno di esprimere il mio “alter ego“. Proiettandosi verso l’esterno, la mia interiorità ha modo di rendersi visibile. In concreto, c’è un dialogo fra le mie identità; e dipingere è la mia maniera di comunicare.
  2. Il tuo lavoro esprime stili ed elementi stilistici contrastanti: dal nudo all’astratto; dal surreale all’intangibile; dal simbolico al palpabile. Esiste una connessione fra loro?

    È l’atto del disegnare: ossia la ricerca della dimensione grafica, indipendentemente se viene fatta col pennello o con la spatola. La prima pennellata riflette sempre la prospettiva iniziale, l’esperienza legata alle emozioni; e non importa quale soggetto o stile abbia l’opera d’arte. Al secondo “colpo d’occhio”, invece, percepisco le cose in modo differente: di conseguenza, la seconda pennellata è uno sviluppo della prima… e così via. Tutto ciò è collegato a una “contemplazione visuale"; e la creazione che ne deriva, vibrante e indirizzata alla ricerca, prende una forma tangibile. Pertanto, non ha quei “difetti” né quelle “prospettive aggiustate” che appartengono al processo creativo. Naturalmente, come nella vita reale, non è consentito cancellare tutti gli aspetti. O come sosteneva Kokoschka: “La vita è l’arte del disegno senza gomma da cancellare”.
  3. Come ti sei evoluto dal punto di vista artistico? Quali sono state le tue influenze più significative?

    Il mio linguaggio si evolve costantemente. Contrasti e poli, giocano un ruolo importante in questo processo di sviluppo. Il mio nome, Thomas, in aramaico significa “gemello“. Sicchè 2 cuori battono nel mio petto: uno razionale, l’altro emozionale. Questi elementi rappresentano il motore di base: se l’interazione è sufficientemente intensa, genera l’irresistibile bisogno di rendere visibile questa esperienza attraverso la pittura. Questa urgenza sussiste solo quando ho apprezzato il dialogo con me stesso imparando qualcosa di nuovo. Mi concentro anche su simboli, metafore e parole. Nella mia ricerca artistica, il consiglio di Oskar Kokoschka nella sua School of Seeing (“scuola del guardare”) si è rivelato un’influenza determinante. In particolare, “Dipingi quello che vedi”.
  4. Cosa significa per te il colore? Come ci lavori?

    Introdurlo, aggiunge un tocco definitivo alla tensione creata dal contrasto chiaro/scuro. Insieme, fanno scattare quelle vibrazioni che percepisco a livello fisico mentre dipingo.
  5. Quali artisti ti hanno influenzato?

    Per stile e forza espressiva Francisco Goya, Alberto Giacometti e naturalmente Kokoschka.
  6. C’è correlazione fra parole, simboli e creatività?

    Il processo creativo inizia con una pittura “intuitiva“ che conduce alle parole e ai simboli. Il titolo di un quadro e i concetti (o gli aforismi) che ne derivano, sottintendono che il processo ha chiuso il suo cerchio.
  7. Come realizzi un quadro?

    Per i lavori su tela non ho approcci standard. Parto da un disegno, oppure dallo schizzo su un taccuino. Osservo, soprattutto, tenendo conto dei vari livelli di coscienza.